Sono una psicologa, psicoterapeuta e psicoanalista.
Da sempre affascinata dalla psiche non ho però fatto un percorso lineare da subito. Non è detto che sia così negativo: un po' di strada in più corrisponde necessariamente a una maggiore esperienza di vita e quando fai ritorno a quello svincolo non preso cogli l’antica passione in modo più denso, ricco, un po' come ritrovare se stessi.
Cambiare strada è possibile.
Ho quindi prima portato a termine un percorso di studi in lingue (inglese, francese, spagnolo) conseguendo una laurea in Lingue e Letterature Straniere Moderne, a Milano, ho intrapreso la mia prima analisi, mi sono iscritta all’Università degli Studi di Padova laureandomi in psicologia clinica e di comunità. In seguito mi sono specializzata in Psicoanalisi della Relazione presso l’Istituto SIPRe (Società Italiana di Psicoanalisi della Relazione) di Milano.
Negli anni ho sviluppato un interesse verso i gruppi (nasciamo in un gruppo, quello familiare, e sviluppiamo in continuazione la nostra esistenza in mezzo ai gruppi – amici, compagni di scuola, colleghi) sfociato in una specializzazione in Psicoanalisi della Relazione di Gruppo. Lo studio dei gruppi mi ha portata a considerare le persone che incontro (nel mio studio perché le seguo in psicoterapia ma anche quelle che incontro facendo formazione) mai solo come singole identità ma anche per quell’insieme di relazioni all’interno delle quali si sono costituite, sono nate e cresciute, e quella modalità relazionale portano con sé nelle amicizie, nei luoghi di studio e di lavoro.
Guardo le persone che vengono da me come inserite in una complessità che, a volte, può essere faticosa da sostenere ma che contiene in sé ricchezze da (ri)trovare e sviluppare. Anche se non sempre convoco in studio da me l’intera famiglia (considero la famiglia un gruppo a tutti gli effetti) la mia considerazione tiene a mente la persona che ho di fronte, perché è lei che sta chiedendo un intervento, ma ho sempre un occhio (e un orecchio) alle sue relazioni.
In questi anni ho incontrato tante persone e, per la maggior parte di queste, la fatica della quotidianità che le aveva condotte da me, era principalmente legata a relazioni insoddisfacenti ma soprattutto al bisogno di trovare un proprio ruolo nella vita, una identità.
L’esperienza mi ha condotta ad avere una visione concreta dei problemi che le persone si trovano ad affrontare per quel che riguarda la loro vita professionale e/o privata, che si tratti di stress, di ipersensibilità, iperattività, dipendenze, perdita del lavoro, mobbing, ansie, paura di desiderare.
Che si tratti a volte di depressione a causa del mancato riconoscimento o apprezzamento del proprio lavoro, un lutto (e per lutto non intendo solo la mancanza di una persona cara ma anche la perdita di un sogno, di un progetto, una separazione, ciò che viene vissuto come rinuncia), un dolore, una perdita. E spesso la perdita di qualcosa coincide con la perdita delle speranze e di sé, come se non si esistesse più. Tutti continuano a vederti ma tu non ti senti più.
La terapia può far vedere quanto un atteggiamento diventato parte di noi rischi di non far emergere nuove possibilità per uscire da un momento di stallo. Una strada intrapresa non è detto debba diventare per forza a senso unico, se no si trasforma in camicia di forza. Si può provare a cambiare.