VALENTINA GRILLI
Quando ho visto per la prima volta un quadro di Valentina Grilli è stato sul catalogo di una mostra. Mi ha subito affascinato il mondo raffigurato. Mi sono trovata trasportata nelle stanze di una vecchia casa di campagna, una casa della memoria in cui una nonna, o forse una bisnonna, era detentrice narrante di storie di vita vissuta e di fiabe che alla fine si mischiavano, perdendosi in una terra senza confini in cui il cos’era sogno e cosa realtà si perdevano, realtà e storie tramandate intervenivano a modificare il racconto narrato.Una casa di campagna con gli abiti appesi all’ingresso. Al tempo stesso presenti lì, davanti ai nostri occhi, reali, come se la vita fosse tuttora in scorrimento e però, e al tempo stesso, anche con l’idea che non siano reali ma piuttosto reperti della memoria, oggetti e abiti conservati nei bauli riposti in soffitta chissà da chi, chissà da quanto, abiti e oggetti segno e presenza di una vita che c’era e che è trascorsa e che ora è presente solo negli occhi di chi ha ricordi di prima mano o ricordi tratti dalle narrazioni.
Un c’era una volta e un c’è tuttora che convivono strettamente senza demarcazione tra il prima e il dopo.
Un ricordo, una storia, una memoria che fa parte del presente, ancora presente nella sua dolcezza, nella sua melanconia, nel tempo che è trascorso e che scorre.
“Tediosa eternità”, è il titolo del quadro, in cui l’immutato si mischia e si lega saldamente all’immutabile, in una eternità che trattiene in un sapore di antico con profumi di torta di mele e cannella, di lavanda, di legno di sandalo, della terra del giardino, dei fiori recisi e messi in vaso, e che però diventa luogo di non memoria propria, una sorta di bozzolo che racchiude, scalda, protegge. E’ dolce trattenersi, è dolce farsi trattenere ma sono ricordi di vite di altri che possono non far vivere la propria.
Un luogo della memoria fisso, sicuro ma ripetibile all’infinito in una inarrestabile circolarità.